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Riconoscere e trattare i segni precoci di autismo: il primo anno di vita (parte I)

  Shared attentionavoidance

Autore: Dr Barbara Kalmanson, PhD

Traduzione italiana: Dr Giulia Campatelli, MD, DIRimè Italia

La sincronia nell’interazione come lente per i segni precoci di autismo

Quando i genitori si sentono disorientati dal loro bambino, i professionisti devono prestare attenzione.  Un bambino molto piccolo può sembrare in buona salute ma mostrare difficoltà nella risposta durante la connessione affettiva con i caregivers primari, inviando loro segnali confusi e stressanti e alterando così l’esperienza naturale di intimità che emerge nei primi mesi di vita. Le prime forme di interazione dipendono da sistemi preverbali di comunicazione sociale che si manifestano in una coreografia di segnali affettivi, della produzione di vocalizzi e movimenti, dell’uso della forza e dello spazio, dell’intensità, dei cambiamenti temporali e della dimostrazione di intenzionalità.

Non si tratta principalmente di ciò che il bambino fa, quanto piuttosto la preoccupazione è per ciò che non fa. Non ricerca i genitori seguendo le loro azioni attraverso lo sguardo e non lo utilizza per iniziare, sostenere o concludere l’interazione. Non si orienta verso la voce del genitore o non si accoccola comodamente sul suo corpo. I suoi movimenti non sono in sincronia con la sua voce del genitore o non sembra a proprio agio nel contatto fisico con suo corpo. Molti bambini sembrano preferire focalizzare l’attenzione su oggetti inanimati piuttosto che sui volti dei genitori o le loro voci. Il bambino può prestare attenzione all’orlo del lenzuolino o alla manica della mamma piuttosto che illuminarsi in viso al suono della voce del genitore e mostrare piacere mentre osserva le sue espressioni facciali. Ciò che manca nell’interazione sono gli scambi affettivi sincronici a cui si riferisce Daniel Stern (2010) definendoli gli elementi dell’esperienza dinamica, le forme della vitalità. Questi elementi non verbali della connessione sociale sono talmente automatici che si tende a dimenticarsene, a meno che non siano assenti o violino le aspettative che abbiamo su come ci si debba sentire nell’interazione con l’altro.

Ad esempio, la maggior parte dei neonati si mostra a proprio agio nell’esser cullati aderenti al corpo del genitore, nel sentirne la voce e lo sguardo diretto. Un momento di connessione come questo richiede l’integrazione di sistemi sensoriali e motori che includono l’esperienza propriocettiva di esser abbracciati saldamente, l’esperienza vestibolare dell’esser cullati avanti e indietro, l’esperienza uditiva dell’ascolto della voce e quella visiva dello sguardo diretto agli occhi del genitore. Se l’integrazione tra questi domini sensoriali e motori è in qualche modo compromessa, l’intero sistema può esserne alterato e il significato emozionale di un momento come questo può trasformarsi dalla piacevolezza all’irritabilità o evitamento. Molte esperienze simili portano i genitori a dire ai professionisti: “al mio bambino non piace esser tenuto in braccio” o “il mio bambino preferisce il seggiolino dell’auto a me” o ancora “mi sento come se lo stessi torturando se lo tengo sul mio petto”.

Questi bambini sono i partner sociali più disorientanti e difficili per i genitori.  Nella mia esperienza di lavoro con bambini così piccoli e i loro genitori, capita spesso che, nelle difficoltà di connessione con il proprio bambino, la famiglia cerchi una spiegazione emotiva piuttosto che sensori-motoria al perché il bambino appaia evitante. Questo perché la risposta primaria di un genitore verso il proprio figlio è innanzitutto emozionale. Come operatori dei servizi per bambini e genitori, dobbiamo cogliere questi pattern il prima possibile in modo che i piccoli fallimenti nella sincronia interattiva non abbiamo un effetto a cascata sulla percezione di inadeguatezza che il genitore può sviluppare o sull’idea che al proprio bambino non piacciano sua madre o suo padre.

L’ intento di questo articolo è esplorare le modalità con cui gli operatori dei servizi e i ricercatori possano identificare i primi segnali di tali difficoltà, osservabili già dai 3-4 mesi di vita.  Se siamo in grado di fornire un intervento a 4 mesi di vita, la possibilità di utilizzare la relazione genitore-bambino per migliorare il rischio intrinseco di suscettibilità potrebbe prevenire il graduale aumento dell’evitamento dell’ambiente sociale nel bambino e ottimizzare l’interazione per lo sviluppo del “cervello sociale” (Johnson, 2001,2011).

Per cogliere i primi segnali, suggerisco di cambiare il paradigma dell’identificazione dei segni precoci di autismo spostandoci dai marker comportamentali all’interazione genitore-bambino. Utilizzando la ricerca psicodinamica sugli effetti della sincronia interattiva sullo sviluppo, potremmo identificare e trattare meglio i deficit centrali dell’autismo al momento della loro formazione. La ricerca sui segni precoci di autismo si è concentrata principalmente sull’identificazione di markers nel comportamento del bambino che possano corrispondere ai sintomi che più tardi sono decritti come criteri diagnostici. La ricerca su genitori e bambini a sviluppo tipico o quella sui bambini con madri con diagnosi di depressione o trauma, può guidarci nel considerare gli elementi interpersonali nella creazione della relazione tra un genitore e un bambino più tardi diagnosticato con autismo.

La ricerca sullo sviluppo del bambino e dell’organizzazione sensoriale e motoria ci offre le basi neurobiologiche per la comprensione delle modalità con cui un bambino è costituzionalmente predisposto per la relazione. Gli studi sugli stati di arousal, sulle transizioni tra gli stati di coscienza, sull’attenzione e sull’attività sensoriale e motoria in risposta a stimolazione, costituiscono una finestra sui fattori influenti sulla capacità innata del bambino di prendere iniziativa o rispondere al genitore. Un bambino che invia segnali chiari e robusti permette ai genitori di comprenderne i bisogni e di sentirsi competenti e gratificati dall’esperienza di accudimento. Di contro, un bambino con segnalazione debole o ambigua può portare i genitori in una spirale di bassa stima delle proprie capacità genitoriali.

Questo articolo vuole esplorare le interazioni terapeutiche che permettono una co-costruzione dell’esperienza interpersonale in termini di pattern di esperienza condivisa e co-regolazione tra bambino e genitore. Verranno riportati casi di lavoro con bambini che mostrano i primi segni di autismo e i loro genitori per illustrare le modalità di aiuto alla famiglia nella condivisione di esperienze significative attraverso scambi non verbali con il proprio bambino.

 

I vari modelli di psicoterapia bambino-genitore con bambini che non mostrano l’innata competenza nell’interazione con l’altro, offrono al terapista opportunità uniche per applicare la ricerca evolutiva attuale al processo terapeutico. I concetti di salute mentale infantile basati sulla ricerca, quali forme di vitalità (Stern, 2010) intersoggettività (Trevarthen,1998, 2009) e competenza relazionale implicita (Tronick, 2007; Beebe & Lachman, 1994) saranno utilizzati per connettere tra loro la ricerca e la teoria alle pratiche di intervento con bambini e genitori. Il presente lavoro applica dati di ricerca per valutare strategie di creazione di connessioni tra genitori e bambini attraverso esperienze dinamiche basate sulla segnalazione affettiva, modulazione del ritmo, vocalizzazioni, movimenti, sequenze temporali, uso dello spazio, intensità e intenzionalità.

Il processo terapeutico genitore-bambino sarà descritto focalizzandoci particolarmente sull’uso dell’esperienza dinamica e della guida evolutiva nell’aiutare i genitori a comprendere il profilo sensoriale, motorio e affettivo unico del proprio bambino e i suoi effetti sui propri livelli di empatia e consapevolezza nell’accudimento. Saranno illustrate brevi descrizioni di sessioni di trattamento per mostrare come il terapista coglie gli ostacoli all’organizzazione motoria e sensoriale e alla sincronia interattiva in termini di timing, intensità e segnalazione affettiva mentre, allo stesso tempo, presta attenzione a qualsiasi fantasma o conflitto che emerge dalle storie personali dei genitori. Infine, il lavoro del terapista include il sostegno alla famiglia, la cadenza dell’intervento, l’individuazione di punti di ingresso e di momenti di interpretazione del funzionamento del bambino mentre, contemporaneamente, si concentra sui mondi interni di genitori.

 

La sincronia interattiva 

Si osservi la sincronia interattiva tra una bambina di 2 mesi e suo padre per cogliere la cascata di segnali di piacere condiviso come solitamente avviene nei primi mesi di vita. Si noti quanto gli occhi della bambina si illuminino e il suo orientarsi alla voce e al viso del padre, la sua capacità di iniziativa e sostegno dell’interazione sociale attraverso l’uso dello sguardo. Si noti anche quanto i movimenti di braccia e gambe della bambina siano sincronizzati con il crescendo o il rallentamento del tono della voce del padre, mostrando come l’integrazione di movimento e suono sia un elemento multimodale di reciproca regolazione.

 

Difficoltà nella sincronia  

In questo video è possibile osservare come un bambino di 7 mesi fatichi nell’organizzare il proprio corpo per sostenere lo sguardo del padre. Si strofina gli occhi e si volta, evitando gli inviti del padre alla condivisione di un momento piacevole attraverso lo sguardo reciproco. Come ci si potrebbe aspettare, più il padre si sente confuso e preoccupato e più i suoi tentativi di interagire diventano intensi e intrusivi. Papà si sente rifiutato e ferito e il bambino si ritira sempre più nel tentativo di proteggersi da una stimolazione che non trova invitante nel ritmo sonoro e nel movimento.


Bibliografia

Stern, Daniel. (2010) Forms of Vitality, Oxford University Press

Johnson, M. H. (2001). Functional brain development in humans. Nature Reviews Neuroscience, 2, 475–483.

Johnson, M. H. (2011). Interactive specialization: A domain-general framework for human functional brain development? Developmental Cognitive Neuroscience, 1, 7–21.

Trevarthen, C.  (1998),  The concept and foundations of infant intersubjectivity.  In: S. Braten (ED.), Intersubjective Communication and Emotion in Early Ontogeny, pp. 15-46. Cambridge: Cambridge University Press

Trevarthen,C. (2009), The Functions of Emotion in Infancy. In: D. Fosha, D.J. Siegel, and M. Solomon (Eds.), The Healing Power of Emotion, pp. 55-85. New York, London: W.W. Norton & Company

Tronick, E. (2007) The Neurobehavioral and Social-Emotional Development of Infants and Children. New York: Norton.

Beebe, B. and Lachman, F. (2002) Infant research and adult treatment: Co-constructing interactions. Hillsdale, NJ: Analytic Press.

Prossime pubblicazioni 

Sezione II: Applicare la teoria e la ricerca per l’identificazione e il trattamento dei segni precoci di autismo

Sezione III:  L’intervento bambino-genitore nel trattamento dei segni precoci di autismo  

Sezione IV: Riconoscere e trattare i segni precoci di autismo: la faccia nascosta nella medaglia