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Riconoscere e trattare i segnali precoci dell’autismo: applicare la teoria e la ricerca (Parte 2)

 

Cosa può dirci la ricerca sull’interazione del bambino sui segni precoci dell’autismo 

La ricerca contemporanea sull’autismo, sullo sviluppo e sull’interazione genitore-bambino fornisce indicazioni sulla direzione in cui cercare per individuare le prime sfide alla relazione e i segni precoci di autismo che possiamo osservare ripetuti nei pattern di interazione genitore-bambino.

La ricerca sull’autismo:

Nel campo dell’autismo, i ricercatori hanno iniziato a riconoscere l’importanza della raccolta di elementi dell’interazione sociale per sviluppare interventi efficaci nei bambini piccoli con autismo. La maggior parte della ricerca si è focalizzata sull’attenzione condivisa e l’imitazione nei bambini di due anni di età (Screibman et al. 2015); i modelli teorici hanno suggerito che i rischi intrinseci o le vulnerabilità di un bambino possano essere amplificati dai fallimenti nei pattern di interazione genitore-bambino nei primi mesi di vita e sottolineano le implicazioni positive per l’intervento che derivano da questa visione dinamica dello sviluppo (Dawson, 2008; Wallace and Rogers, 2010; Elsabbagh and Johnson, 2010; Green et al. 2013). La reciprocità, l’attenzione condivisa e il coinvolgimento sociale sono stati identificati quindi in letteratura come marker importanti dell’interazione sociale precoce e della comunicazione che sono a loro volta dipendenti da fattori di supporto dell’ambiente sociale (NICHD, 2000; Murray et al. 1996; Kasari et al.2010).   L’attenta risposta genitoriale è stata identificata come un importante elemento di supporto allo sviluppo futuro delle capacità del bambino di attenzione condivisa e comunicazione. La responsività genitoriale è definita come la capacità dell’adulto di seguire sia il focus attentivo che il bambino spontaneamente propone sia i contenuti da lui spontaneamente offerti (McCathren et al 1995; Harris et al 1996). Ciò può essere cruciale nei bambini le cui disabilità dello sviluppo causano difficoltà nello spostamento del focus attentivo su richiesta o nella regolazione di diversi punti di attenzione allo stesso tempo (Legerstee et al. 2002; Yoder and Warren 2004; Walden et al. 1997). Ad ogni modo sono proprio questi bambini difficili da raggiungere a aumentare la direttività nei genitori, riducendone l’attenzione verso i segnali del bambino stesso, l’affettività e la vitalità. Quando sono state misurate tali caratteristiche dell’interazione con bambini con alto rischio di autismo di 8 mesi di età, esse hanno mostrato di predire la riduzione della reciprocità diadica e il peggioramento dell’attenzione e dell’affettività positiva del bambino già a 12 mesi di età; inoltre, si sono mostrate predittive anche dell’outcome diagnostico di autismo a 3 anni di età (Wan et al 2012 a, b). Queste evidenze sono coerenti con uno studio retrospettivo sui filmati familiari, suggerendo che questi specifici comportamenti direttivi dell’adulto (comportamenti di prolungata stimolazione, aumento del ricorso al tocco per richiamare l’attenzione) differenziavano i genitori di bambini più tardi diagnosticati con ASD dai genitori di bambini a sviluppo tipico o con disabilità intellettive (Saint-Georges et al. 2011). Gli interventi che supportano l’iniziativa del bambino, l’esplorazione e il coinvolgimento continuo con l’ambiente sociale e fisico portano a un maggiore apprendimento a lungo termine; i comportamenti di iniziativa, inoltre, devono essere identificati come obiettivi dell’intervento e misurati durante la valutazione della risposta al trattamento da parte del bambino (Rogers and Vismara, 2008). Secondo Schreibman et al. (2015), c’è accordo nella ricerca sull’autismo sulla necessità di interventi naturalistici.

“Mentre gli studi finora forniscono un sostanziale supporto empirico all’efficacia degli interventi naturalistici, c’è la necessità di procedure e di raccolta degli effetti a lungo termine dei trattamenti e di aumentarne l’efficacia. In particolare, sono necessari studi di ricerca su larga scala che comprendano la raccolta dei risultati significativi e funzionali in diversi contesti e che esaminino la varietà della risposta del bambino al trattamento nel corso del tempo.”

Torniamo alla ricerca sullo sviluppo e a quella psicodinamica sulla sincronia nell’interazione per approfondire l’ipotesi che l’iniziativa del bambino, la sua attenzione e la sua modulazione affettiva nella relazione siano le variabili a cui prestare attenzione nella ricerca per formulare interventi precoci più efficaci. Dove nascono l’iniziativa, l’attenzione e la vitalità affettiva e la capacità di segnalazione? Esaminando i dati di ricerca sulla sincronia interattiva nella diade bambino-genitore, è possibile osservare come questi aspetti dello sviluppo emergano dalla nascita in un contesto di interazione affettiva ben modulata e di co-regolazione, sviluppandosi nel tempo per dotare in seguito il bambino delle capacità di iniziativa, auto-regolazione e del senso del Sé come agente.

Le capacità precoci del primo nel primo anno di vita

Lo sviluppo della regolazione dello sguardo  

Contrariamente alle passate concezioni che vedevano il bambino nel primo anno di vita indifferenziato o fuso alla madre, la ricerca evolutiva moderna rivela l’emergenza precoce di un funzionamento autonomo e ben differenziato. Tra i 3 e 5 mesi di età, il bambino prende l’iniziativa sull’apertura e la chiusura di momenti di coinvolgimento visivo diretto nelle attività sociali (Stern, 1971; Beebe and Stern, 1977). Nonostante il bambino non sia ancora capace di camminare o parlare, e spesso nemmeno ancora di star seduto, il controllo sullo sguardo è un sistema sensoriale già maturo e una forma potente di comunicazione sociale. Il bambino condivide con il genitore quasi lo stesso livello di padronanza della regolazione di questo comportamento sociale. Il bambino inizia, chiude, sostiene o evita il contatto sociale attraverso la co-regolazione dello sguardo. Il contatto oculare, e ancora più l’evitamento visivo, è forse il sintomo più frequentemente notato nei bambini con autismo. Possiamo immaginare come un bambino di 3 mesi di età ricorra a questo precoce controllo sullo sguardo con finalità di auto protezione da una sovra-stimolazione sensoriale, inviando un segnale al genitore di ritiro o deviazione dello sguardo. L’osservazione dell’interazione faccia a faccia in questi primi mesi può aiutare a ridurre la routine di pattern di evitamento che può cristallizzarsi nel sistema diadico di interazione.

Regolazione reciproca 

La ricerca sull’emergere della co-regolazione e della condivisione dell’esperienza tra genitori e bambini, fornisce informazioni necessarie per una visione più interpersonale dei segni precoci di autismo. Brazelton (Brazelton, Koslowski and Main, 1974) descrive un ciclo narrativo tra il neonato e il genitore che include una sequenza di fasi quali l’iniziativa reciproca, l’orientamento alla voce, l’accelerazione dell’intensità espressiva, il picco di eccitamento e la successiva decelerazione. Trevarthen (2005) descrive un ciclo interattivo che inizia con l’attenzione reciproca per poi rapidamente sostarsi verso l’anticipazione, il cambiamento nell’attivazioneemozionale e nelle espressioni reciproche di piacere. Perché avvenga questa anticipazione, è necessaria una regolazione reciproca dell’arousal attraverso la comunicazione di stati emozionali. Le emozioni sono il tramite attraverso cui viene regolato l’arousal e creano modelli interni delle nostre aspettative sul comportamento dell’altro nell’interazione. Nel tempo, attraverso questo sistema di interazioni, il bambino sviluppa un’anticipazione di come lo scambio procederà arricchendosi man mano della percezione di “io che interagisco con te” e, gradualmente, di momenti di anticipazione generalizzata delle aspettative sul comportamento di altri interlocutori in altre interazioni della sua vita quotidiana.

Sintonizzazione affettiva 

Esiste una coreografia tra il neonato e il genitore caratterizzata da ritmicità e reciprocità nei momenti di condivisione. Stern (2010) descrive gli elementi non verbali dinamici di interazione che riuniscono il bambino e il genitore che creano momenti di incontro grazie a stati interni corrispondenti. Elementi temporali come il flusso dell’interazione, il ritmo, la decelerazione o l’accelerazione del tono vocale o dei gesti, sono tutte prime forme di comunicazione. Attraverso la sintonizzazione affettiva (Stern, 1985), ovvero un sistema di gesti sensoriali-motori-affettivi (e quindi cros-modali) compiuti dal genitore che corrispondono all’affettività del bambino, il genitore mostra al bambino di comprenderne le percezioni. La realizzazione simultanea dell’esperienza condivisa unisce il bambino e il genitore in una relazione mutualmente gratificante. Esiste quindi un’importate differenza tra l’imitazione diretta del comportamento del bambino svolta dal genitore e la sintonizzazione affettiva. Rogers e colleghi hanno condotto uno studio pilota sugli interventi precoci nell’autismo focalizzati sul parent training in bambini di 7 mesi (Rogers, et al 2014.) in  cui ai genitori fu richiesto di imitare i suoni e le azioni dei propri bambini; diversamente, la sintonizzazione affettiva crea invece una connessione più intima attraverso la condivisione di stati affettivi: il genitore quindi non mostra al bambino l’azione che egli ha appena compiuto, piuttosto, permette che il bambino capisca che il genitore sente il suo stesso stato affettivo durante l’azione in questione.

La differenza tra la sintonizzazione e l’imitazione 

Nel video seguente, è possibile vedere la differenza negli esiti terapeutici tra l’imitazione diretta e la sintonizzazione affettiva. È possibile notare le variazioni di connessione affettiva tra padre e figlio nei momenti in cui il genitore imita semplicemente il pattern motorio del bambino e i momenti in cui invece si sintonizza affettivamente sulla sua esperienza emotiva. Attraverso la sintonizzazione, genitore e bambino finalmente si incontrano con lo sguardo e condividono espressioni facciali intense che forniscono all’osservatore un chiaro indice dell’esperienza interpersonale in corso.

 

Creare momenti di sintonizzazione in un sistema ipersensibile  

Il fallimento del genitore e del bambino nel trovarsi insieme in un’esperienza condivisa, crea un sistemo dinamico diverso, caratterizzato maggiormente dal ritiro fisico, dalla chiusura sensoriale attraverso lo sguardo, da risposte di attacco o fuga nel sistema motorio e dalla mancata coordinazione del ritmo nell’attività vocale e motoria.

Trovarsi, insieme 

L’esempio seguente illustra il processo della regolazione reciproca che avviene tra una bambina di dieci mesi e sua madre, dopo una sessione in cui il genitore ha confessato di vedere sua figlia Mary serena soltanto quando da sola. Tra le lacrime, la madre si è lamentata di come il desiderio di ogni madre sia vedere felice il proprio figlio; la terapista ha quindi rassicurato la madre su quanto la felicità di un bambino sia possibile se include i suoi genitori e sul lavoro terapeutico da affrontare perché questo obiettivo sia raggiungibile. L‘estratto seguente, durante una sessione di terapia qualche settimana dopo, descrive il processo di supporto a Mary e sua madre per trovare un momento di incontro.

Mary era seduta sul tappeto, vicino alla mamma e alla terapista, tenendo un lenzuolino. Nelle prime sessioni, abbiamo imparato come Mary risponda più facilmente all’iniziativa della mamma di condivisione dello sguardo quando è seduta a circa un metro di distanza dal genitore piuttosto che in braccio o vedendolo apparire da vicino nel campo visivo. La risposta di arousal eccessiva di Mary durante il contatto fisico troppo diretto, o proveniente da più fonti contemporaneamente, e il suo conseguente ritiro, sono di difficile comprensione se pensiamo al piacere che mostra un bambino a sviluppo tipico quando tenuto in braccio e guardato da vicino. La presenza della terapista frena l’ansia e la paura della mamma che Mary possa distogliere lo sguardo e ritirarsi, mostrandosi più felice da sola. Come la mamma ha imparato dalle sessioni precedenti, occorre che lei si muova più lentamente per invitare Mary a un contatto più ravvicinato. Inoltre, può muoversi o parlare, non entrambe le cose allo stesso momento, per offrire soltanto una fonte di stimolazione sensoriale in ingresso per volta, in una sequenza temporale che rispetti i tempi di processazione di Mary. Avvicinandosi a Mary poco alla volta, Mamma è capace di sostenere il piacere reciproco nel guardarsi direttamente. Mamma raccoglie il lenzuolino che Mary ha lasciato cadere mettendoselo davanti al viso; inizia così il gioco del cucù e Mary si illumina e ridacchia piacevolmente quando la mamma riappare. La terapista guida gradualmente la mamma a mantenere l’interazione lenta, ripetendo la sequenza di cucù e offrendo a Mary il tempo necessario per adattarsi al gioco, per poi avvicinarsi gradualmente di più alla bambina. Alla fine, il genitore è difronte alla bambina, con il lenzuolino davanti al viso; il ritmo ben modulato del gioco permette a Mary di mantenersi sempre coinvolta e di attivare man mano il suo sistema motorio per prendere l’iniziativa e espandere l’interazione. Mary raggiunge il lenzuolino e lo tira via dal viso della mamma con un grande sorriso, rivelando la sua organizzazione come Sé agente e la sua capacità di iniziativa, reciprocità e co-costruzione dell’esperienza condivisa.  La madre di Mary è piena di gioia per l’attenzione condivisa continua di sua figlia e risponde con un piacere ben modulato all’iniziativa della bambina. Questo scambio è una nuova esperienza per entrambe. Mary non è un destinatario passivo e neanche un interlocutore evitante verso gli inviti della mamma e la connessione emotiva con lei. La capacità di sua madre di sostenerla e di incontrarla al giusto ritmo e con il giusto approccio in termini di spazio e intensità affettiva, la rende capace di diventare un co-creatore della propria esperienza, mobilizzando il proprio sistema motorio e la propria risposta affettiva positiva.

Intersoggettività 

La concettualizzazione di Trevarthen (1998) sullo sviluppo dell’intersoggettività si basa sulla sincronizzazione dei movimenti e delle vocalizzazioni tra il bambino e il genitore. Condon e Sander (1974) hanno dimostrato per primi come il movimento del bambino sia coordinato al suono della voce del genitore. I picchi più alti del tono di voce della madre quando dice “bel bambino”[1] seguono il crescendo dei movimenti dei piedi del bambino che pedalano nell’aria. Quando la madre dà il ritmo con le proprie vocalizzazioni, le braccia del bambino ruotano velocemente nell’aria alla stessa velocità. Allo stesso modo, episodi di sequenze spontanee di movimenti delle mani di bambini di 6 mesi di età creano proto-conversazioni che comunicano cambiamenti nello stato di vitalità (Malloch and Trevarthen 2008). Questa ricerca offre uno sguardo sulle modalità in cui la registrazione di input sensoriali è elaborata dal bambino attraverso processazioni percettive e espressa attraverso la sintonizzazione con il genitore. L’attività sensori-motoria di bambino e genitore assume via via significati affettivi man mano che la sincronizzazione di suono e azione diviene l’esperienza di momenti di connessione e intimità, o l’esperienza di fallimenti temporanei che necessitano correzioni, o ancora, l’esperienza di delusioni e disagi che necessitano di meccanismi auto-protettivi con evitamento e ritiro. I ritmi dell’interazione diventano quindi doppiamente codificati attraverso l’esperienza sensori-motoria e affettiva. [1]“pretty baby” in lingua originale

La voce sincronizzata al movimento 

Nel prossimo video clip, è possibile vedere la ricerca di Condon e Sander (1974) che mostra la sintonizzazione cross-modale tra madre e neonato attraverso la capacità del bambino di sincronizzare la pedalata di gambe e braccia alla prosodia della voce della madre. Si consiglia la visione del video innanzitutto in tempo reale e successivamente in slow motion per enfatizzare la sincronia di suono e movimento. Occorre tenere a mente che questa comunicazione non verbale così precoce tra genitore e bambino è così automatica e inconscia da poter esser facilmente notata soltanto quando alterata e, anche in quella circostanza, con una sensazione generica e non descrivibile da parte del genitore.

 

Evitamento e Sincronia 

In questo video è possibile osservare quanto sia difficile per il padre trovare il giusto ritmo e la giusta intensità per la voce e il movimento e, al tempo stesso, creare le pause necessarie per andare incontro alle capacità di coinvolgimento e risposta attentiva del suo bambino di 8 mesi. Inizialmente, il padre non riesce a trovare il tono e il volume della voce ideali per catturare l’attenzione del bambino. Finalmente, ricorre alla modulazione della propria voce in accordo con i movimenti del bambino con la palla e, rispecchiandone il movimento con la testa e il ritmo vocale, crea la sintonizzazione affettiva nell’interazione. Il bambino diviene così un partner dell’esperienza condivisa e quando si ritira e distoglie lo sguardo per mantenersi regolato, il padre cambia il proprio tono per offrire novità nello scambio ma mantenendo al tempo stesso la giusta modulazione e intensità che riporta il bambino alla connessione.  

 

La relazione è centrale per lo sviluppo 

Recenti lavori di psicoanalisi e psicologia dello sviluppo hanno sollevato un grande interesse nelle dinamiche preverbali dei sistemi interpersonali. Clinici e ricercatori hanno investigato le origini della connessione interpersonale sia per approfondire la conoscenza sulle modalità con cui la relazione diventi il fulcro dello sviluppo del bambino, sia per migliorare la comprensione del processo terapeutico. I lavori del Boston Change Process Study Group (BCPSG) (2002, 2010), di Stern (1985, 2010), di Trevarthen (1998, 2009), Tronick (2007), e di Beebe & Lachmann (1988, 2002) sono esempi di indagini sulle modalità con cui impariamo a interagire con gli altri molto tempo prima di imparare a camminare o parlare. Questo corpo di ricerca si focalizza sul percorso evolutivo che seguiamo per comprendere e rispondere all’esperienza soggettiva di un’altra persona. Beebe e Lachmann (2014) si riferiscono ai processi interattivi momento-per-momento, ovvero a processi rapidi, sfumati e co-creati sia dal bambino che dal genitore generalmente in modo non cosciente. Questi processi hanno profondi effetti sulle dinamiche di comunicazione, sul clima affettivo della relazione e sull’organizzazione dei diversi modi di interagire con l’altro. Il lavoro di Meltzoff & Gopnik (1993) si centra sull’imitazione e si avvicina al mondo del bambino attraverso l’indagine sulla forma dell’interazione e i suoi obiettivi. Il lavoro di Trevarthen (1998) si focalizza invece sulla sincronia e ricorre al timing e agli aspetti temporali dell’interazione per esplorare le origine dell’intersoggettività. Stern (1985) e Beebe (2005) investigano la corrispondenza tra tempo e intensità e la sincronia cross-modale che viene denominata da Stern “sintonizzazione affettiva”. Attraverso queste indagini, la ricerca si è avvicinata alla questione di quali elementi interattivi racchiudano la sensibilità genitoriale e quale sia il ruolo del bambino. Le psicoterapie bambino-genitore con bambini molto piccoli che mostrano sintomi di autismo (come la scarsa capacità di interagire con l’altro) offrono al terapista l’opportunità unica di investigare il contributo del bambino nel sistema diadico di co-regolazione che emerge attraverso la relazione precoce con il genitore. Ad esempio, potremmo riflettere se il bambino che registra input multi-sensoriali in modo iper-reattivo, o ipo-reattivo, potrebbe avere un ruolo potente sulla responsività innata del proprio genitore. Cosa succede a una madre quando attende troppo a lungo, oltre le proprie aspettative interattive, che il proprio bambino risponda al suo sguardo dopo essersi ritirato per ritrovare la regolazione dell’arousal? Potrebbe sentirsi confusa e ritirarsi dall’interazione, persino attraverso lievi atti comunicativi nella sua espressione facciale o nella tensione del proprio corpo, segnalando al bambino di non essere più in interazione con lui. Osservando le disarmonie reciproche nelle dinamiche interattive precoci, i terapisti hanno l’opportunità di applicare i dati di ricerca al processo terapeutico individuando strategie per creare la connessione tra genitore e bambino attraverso l’esperienza dinamica creata dall’affettività, il ritmo, il movimento, il suono, le sequenze temporali, l’uso dello spazio, l’intensità e l’intenzionalità. Prestando attenzione a tutti questi elementi dell’esperienza dinamica allo stesso tempo, il terapista può cogliere eventuali costrizioni nelle capacità del bambino di mostrare piacere sostenuto nell’interazione o, diversamente, scarsa consapevolezza del genitore delle modalità migliori per elicitare l’affettività positiva e l’attenzione del proprio bambino comprendendone il profilo sensori-motorio unico e non sentendosene quindi spaventato o disorientato. Partecipando all’esperienza dinamica che il bambino ha innanzitutto con il genitore, il terapista può supportare l’intimità reciproca nell’interazione diadica e fornire una guida allo sviluppo affettivo della coppia piuttosto che istruire il genitore mediante manovre da svolgere “sul” bambino.

Ecco un esempio.  

Un bambino di 11 mesi di età sta fermo gattoni a circa un metro e mezzo da sua madre. Guarda in alto e coglie la sua espressione invitante con gli occhi ben aperti, un ampio sorriso, le braccia aperte mentre lo chiama dolcemente per nome. Leggendo correttamente i segnali affettivi della madre, l’espressione mimica del bambino si illumina mentre gattona verso di lei. La madre è felice di vederlo avvicinarsi e lo mostra aumentando i picchi acuti del proprio tono di voce e nei suoi movimenti che ora vanno verso il bambino con un ritmo più veloce di quello con cui si muove lui. Il bambino si ferma, lasciandosi cadere sul pavimento e la sua espressione facciale si trasforma dal piacere alla paura. La madre sembra confusa; il suo sguardo si posa sul perimetro della stanza e il suo corpo di irrigidisce. Vedendo il bambino sopraffatto dalla stimolazione e dalla mancata sintonizzazione e non in grado da solo di ritornare a uno stato di regolazione, la madre si ritira; si siede e rivolge l’attenzione verso un oggetto nella stanza, lasciando il bambino da solo nella difficile gestione di un’esperienza interna di paralisi e paura.  

Se moltiplichiamo questa singola esperienza per il numero delle opportunità di mancate sintonizzazioni simili a questa che possono avvenire durante il giorno, senza che avvengano strategie di riparazione, possiamo immaginare come la vulnerabilità di questa diade crei un’omeostasi in un sistema dinamico disfunzionale. Nell’esempio precedente, il genitore si sente non voluto, se non addirittura rifiutato dalla risposta inattesa del bambino e diviene auto-protettivo e ritirato. La maggior parte dei bambini continuerebbe a rispondere positivamente all’aumentata intensità della risposta genitoriale. Perché quindi questo bambino mostrerebbe una paralisi dopo un invito così intenso? Sembra mostrare una capacità di modulazione dell’arousal molto limitata e la più piccola fonte inattesa di stimolazione affettiva o motoria, viola le sue aspettative sulla ritmicità di suono e movimento. Nel tentativo di auto-regolarsi, si ritira e distoglie l’attenzione da qualsiasi altro stimolo aggiuntivo facilitando così il rallentamento del battito cardiaco e la riduzione dell’attivazione fisiologica. Questo meccanismo dei neonati, di per sé adattivo, di ritiro come tentativo di autoregolazione (come ad esempio il ritiro da suoni estranei per addormentarsi) può diventare una risposta disfunzionale più tardi nello sviluppo soprattutto se il bambino è sopraffatto da ciò che solitamente consideriamo un intervallo comune di input sensoriali e motori. Nell’identificazione della traiettoria di elementi che porteranno più tardi alla diagnosi di autismo, due sono i fattori degni di nota. Il primo riguarda il comportamento di auto-protezione del bambino che tiene lontani gli stimoli eccessivi dal suo fragile sistema nervoso. Il secondo riguarda la frequente mancata consapevolezza genitoriale del primo fattore: solitamente, infatti, il genitore si sente emozionalmente rifiutato e confuso e si ritira dal contatto proprio nel momento in cui il bambino ha maggiore bisogno della co-regolazione genitoriale. La tentazione per l’intervento in una situazione simile, da parte del genitore o del terapista, può vedere il ricorso a strategie che vedono la stimolazione ancora più ampia, accelerata, intensa o che prevede l’uso di oggetti esterni per distrarre il bambino dal momento difficile ma che rischiano di sganciarlo dal coinvolgimento interattivo con il genitore. La ricerca sulla sincronia interattiva supporta i terapisti e i genitori nel prestare attenzione a modulare il ritmo e l’intensità di affettività, movimento e suono. Ciò indica che la soluzione ai momenti alterati di coinvolgimento sociale risiede proprio nella coreografia tra il genitore e il bambino. I segnali precoci di autismo e le implicazioni per il trattamento sono meglio compresi se vagliati attraverso l’osservazione del sistema dinamico che si sviluppa tra il genitore e il bambino, piuttosto che dalla sola lettura dei marker comportamentali del bambino. Il comportamento del bambino o la sua reazione può innescare un sistema interattivo che inavvertitamente rinforza quelle dinamiche di chiusura e evitamento che vediamo nei bambini con autismo.   Il lavoro del terapista nello scenario sopra descritto consiste nel supporto alla comprensione del genitore degli elementi che limitano la risposta del bambino e nella diversa lettura della sensazione genitoriale di rifiuto. Il genitore è quindi aiutato a vedere che gli ostacoli sul cammino sono il sistema di arousal del bambino e la registrazione degli input sensoriali e non i sentimenti negativi verso mamma o papà o la percezione di inadeguatezza genitoriale. Se il terapista offre insight e supporto ai bisogni genitoriali per riconquistare la vitalità emotiva che permette loro di riparare agli intoppi nell’interazione, i genitori ritrovano la connessione empatica con il bambino e il bambino è davvero supportato dalla sintonizzazione con la famiglia e dalla capacità di co-regolazione. Il terapista aiuta quindi il genitore a recuperare il momento di disallineamento adattandosi al ritmo del proprio bambino. La madre è aiutata a modificare il suo uso dello spazio e del corpo e l’intensità della sua affettività rallentando il proprio corpo e abbassando il tono di voce, modificando la postura e tollerando tempi di attesa più lunghi per la ripresa da parte del bambino del movimento gattonamento verso di lei. Una volta che il bambino è di nuovo regolato e fa esperienza dell’invito genitoriale nuovamente al giusto ritmo, può continuare a avvicinarsi al genitore fino a esserne abbracciato, dando a entrambi una rassicurazione sull’esperienza di strategie di recupero che accrescono l’intimità della relazione piuttosto che rinforzare un senso di ritiro da essa. L’intervento, quindi, si rivolge allo stato interno sia al bambino che del genitore e alla fondamentale processazione dell’attivazione del sistema nervoso centrale da cui iniziano le azioni e le percezioni, si sviluppa la cognizione e emergono le emozioni.

Conoscenza relazionale implicita: come sappiamo cosa fare con gli altri 

Diversamente dalle forme di psicoterapia più tradizionali, in cui predomina l’attenzione alla semantica o alle rappresentazioni simboliche del linguaggio, nel lavoro bambino-genitore diventano salienti le rappresentazioni procedurali e la conoscenza relazionale implicita (Tronick, 2007, Lyons-Ruth, 1998,1999, Beebe and Lachman, 1988,1994). La rappresentazione procedurale ci informa sulle modalità con cui fare qualcosa, come andare in biciletta, mente la conoscenza relazionale implicita si riferisce alle modalità con cui fare qualcosa con l’altro e si basa sull’affettività e l’interazione. La ricerca evolutiva e la pratica psicoanalitica documentano la presenza di questo tipo di conoscenza molto tempo prima dell’emergere del linguaggio. Il nostro comportamento si basa in modo evidente sulla nostra comprensione di come si sta con gli altri ma spesso tale consapevolezza è al di fuori della nostra attenzione nella vita quotidiana. I bambini con segni precoci di autismo sono i partner sociali più disorientanti e, in virtù della loro scarsa capacità di mostrare il tipico riconoscimento degli stati mentali dell’altro (Baron-Cohen, Tager-Fusberg & Cohen 1993), portano la propria famiglia alla consapevolezza delle forme di vitalità affettiva e della conoscenza relazionale implicita. Esaminando da vicino le interazioni sociali precoci tra questi bambini e i loro genitori, è possibile osservare gli effetti dei tentativi e dei fallimenti nei cicli di regolazione reciproca che creano la percezione di conoscere e esser conosciuti nella relazione. Il bambino e il genitore si incontrano nei loro scambi non verbali in cui i significati sono derivati attraverso il ritmo, il movimento e il suono. La prossima sezione sarà centrata sull’uso dei processi terapeutici nella coppia bambino-genitore e sull’importante ruolo del terapista nel supportare la famiglia aiutando i genitori a dare un senso ai comportamenti apparentemente incomprensibili, sostenendo l’empatia verso il bambino per favore la sincronia e la modulazione interattiva in un sistema altrimenti disfunzionale.

 

Bibliografia

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